LEGGENDE DI TESORI, "CAPASE", "MONICEDDHI" E "ACCHIATURE".
Quante leggende di tesori nascosti hanno aleggiato sull'antica abbazia di San Mauro. La più nota, che parlava di un sacrilegio in una notte di tregenda, era conosciuta da tutti gli anziani che facevano anche i nomi dei protagonisti: lu "Biasi", lu "Pesce" e lu "Sarvicina", andati a trovare l'"acchiatura" (il tesoro)... sotto una pietra del pavimento della chiesa dopo aver scomunicato una capra. L'inganno del prete che diede alla bestia una particola non consacrata, scatenò la bufera che disperse i sacrileghi in zone lontanissime, da dove impiegarono otto giorni per poter tornare a casa.
Grande era la fantasia popolare nell'immaginare favolose ricchezze nascoste. Un tesoro era segnalato all'undicesimo gradino della demolita villa "Capasa", mentre nel frantoio di "Prandico" del sig. Ria Amedeo, c'era lu "moniceddhu" (lo gnomo). Prendeva strane sembianze e favoriva chi gli era simpatico. Si diceva che un operaio, Giovanni Pisanello soprannominato Papa, dovette sloggiare perchè perseguitato. Di due cavalli che dormivano e mangiavano nella stessa stalla, uno ingrassava mentre l'altro deperiva a vista d'occhio, perchè il capriccioso spiritello gli sottraeva il cibo e gli intrecciava la coda o la criniera.
Il tesoro vero, a sentire la gente, l'aveva trovato la signora Cosima Dell'Anna in Nucida, nella villa acquistata dagli eredi del venerabile Arcivescovo di Otranto mons. Vincenzo Morelli, nel 1908. Quella era una famiglia benestante che aveva avuto tra i suoi antenati don Angelo Nucida che, nativo di San Simone, allora frazione di Alezio, era stato uno dei tre sacerdoti, nominati dal vescovo Giove, coadiutori del parroco don Antonio Paglialonga ed investiti di tre partecipazioni alle rendite della parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Sannicola.
Un' altra "capasa" (giara) piena di pezze d'argento, si trovava in una botola del pavimento del frantoio della "Piantata", a disposizione del sig. Leo Giuseppe. Gliel'aveva indicata, in un sogno allucinante, un prete morto assassinato, il quale gli aveva raccomandato di andare da solo perchè sarebbe stato protetto da un grosso cane nero. Egli invece, rivelò il sogno al fratello e ad un amico, e con essi si recò all'appuntamento con la Fortuna che gli voltò le spalle facendogli stringere un pugno di cenere appena il fratello, per alleviargli la fatica, pose la mano sul pesante recipiente.